«A novembre,
cominciarono a venire i tedeschi.
Dicevano che
dovevamo scappare perché il paese doveva essere distrutto.
Si sono presi tutti
gli uomini per la guerra, anche mio padre ed altri due miei
fratelli, quelli più grandi.
Dopo, Pietransieri
è stata sfollata, perché bombardavano il paese e mettevano fuoco
alle case.
Siamo andati alle
masserie, a
Limmari.
Mia madre con sei figli è andata a Limmari e siamo stati per due
notti sotto un albero, con una tenda. Avevamo tutti fatto delle
tende.
I tedeschi
venivano, ci interrogavano, bombardavano il paese e prendevano
tutti gli animali, i maiali e quello che trovavano.
Il 16 novembre per
primo hanno preso mio fratello. L’ hanno portato a Pietransieri
con i maiali e l’hanno ucciso. Poi hanno preso l’altro mio
fratello e l’hanno ucciso in un boschetto.
Noi siamo rimasti
sotto la tenda per altri cinque giorni.
Poi, il 21 novembre,
sono venuti di nuovo i tedeschi dicendo che dovevano ammazzare
tutti quanti… Poi venne un tedesco, era bravo, e ci disse che
dovevamo scappare, perché sarebbe venuta la SS e tutti kaputt.
Con la mano aveva fatto cenno: tutti kaputt. Abbiamo cominciato
a scappare verso Castel di Sangro…
Dopo mezz’ ora è
arrivata la SS e ci hanno raggruppati.
C’era un tronco
d’albero e hanno fatto
sedere la gente intorno. Poi hanno messo una mina, grande come
un vaso di fiori e l’hanno fatta saltare. Dopo che la mina era
scoppiata, i tedeschi cominciarono ad uccidere i feriti con la
mitragliatrice.
Io stavo
sotto braccio a mamma. Ero la più piccola dei figli. Si sa che
quando c’è un pericolo la madre stringe a sé tutti i figli. Io
ero la più piccola e così mi ha abbracciato. Mia madre aveva uno
scialle sulle spalle e come i tedeschi hanno mitragliato è
caduta ed è morta all’ istante.
Io sono
caduta sotto a mamma e sono rimasta lì, lo scialle di mamma mi
aveva coperto…
Tutti
strillavano. La prima volta che hanno cominciato ad uccidere che
urli si sentivano!
Poi è
rimasto solo silenzio. Non si sentivano neanche più gli uccelli.
Niente! Non si sentiva niente. Tutto il mondo era silenzio. Sono
rimasta lì sotto a mamma, zitta, non parlavo. Ero piena di
buchi, sono piena di buchi. Buchi che passano da parte a parte.
Dopo un po’ ho cominciato a muovermi, ma ho visto che c’erano
solo morti. Uno sopra l’altro, tutti morti.
Avevo alzato
la testa quando ero ancora sotto a mamma ed avevo visto mio
fratello che mi stava vicino. Mi ha detto: Virginia, è morta
mamma? Io gli risposi di sì. Era morta sull’istante, l’avevo
morta su di me. Mio fratello aveva un buco fatto con la
mitragliatrice. Un buco da parte a parte che gli aveva
trapassato un occhio. Poi, dopo che gli avevo risposto, abbassò
la testa e morì anche lui…
I
tedeschi si erano allontanati un bel po’, avevano ammazzato e se
ne erano andati. Dopo un po’ però sono ritornati per vedere se
i morti erano davvero morti. Andavano con la pistola in mano, e
con il piede spostavano la gente. Allora io abbassai la testa
sotto lo scialle di mamma e così non mi videro. Chi invece si
muoveva ancora, veniva ucciso con un colpo di pistola alla
testa. Sono rimasta sotto a quei cadaveri per due giorni e due
notti.
Poi,
dopo tutto questo tempo, ho visto due donne di Pietransieri che
venivano lì vicino. Allora le chiamai, perché le avevo
riconosciute e chiesi loro se mi potevano portare via. Mi
sollevarono dai morti e mi portarono vicino ad un ruscello
d’acqua. Poi mi dissero: “Adesso vediamo se c’ è qualcuno della
tua famiglia, così ti mandiamo a prendere. Tu aspetta qui”.
Loro non mi poterono portare via, perché ognuno cercava di
scappare per salvarsi.
Sono
rimasta vicino a quel ruscello un’altra notte, insieme ad un
ragazzo che si era salvato. Questo ragazzo stava peggio di me,
era ferito gravemente alle mani e poi non poteva camminare.
Quella
notte, quelle due donne ci misero dentro ad una mangiatoia in
una masseria, dove c’erano gli animali. Era notte tardi e
vennero ancora i tedeschi. Questa volta misero fuoco alla
masseria. Cadevano tutte le travi di legno del soffitto. Ci
cadevano addosso grossi carboni. Dissi a quel ragazzo che si
chiamava Flavio: “Se non ci hanno uccisi i tedeschi, mica
dobbiamo morire abbruciati”, e così siamo saltati giù dalla
mangiatoia. Poi tutti e due ci siamo rotolati per terra e siamo
usciti dalla masseria. Siamo andati vicino ad un ruscello
d’acqua. Stavamo tutti e due stesi per terra.
La mattina
seguente, i tedeschi andavano ancora in giro con il fucile in
mano. Così dissi a Flavio: “Questi abbaiano come i cani, quindi
non sono italiani. Tornano un’altra
volta”.
Forse è stato Iddio…..Stavamo stesi per terra come morti, e come
i tedeschi sono venuti ci puntavano il fucile dietro le spalle,
e con il piede ci muovevano per vedere se eravamo morti.
Niente. Noi non ci siamo mossi. Né io né Flavio. Quelli dissero:
“ja, ja, kaputt, kaputt” e se ne andarono.
Più
tardi, sempre di mattina, arrivò mia nonna che era viva e che
era stata in un’altra masseria. Quelle donne che mi avevano
visto le avevano detto che stavo lì.
La
sentivo strillare. Chiamava e chiamava i miei fratelli, mia
sorella e mia mamma, ma sapeva che erano morti. Lo faceva con
disperazione. Poi chiamava me: “Virginia, Virginia”. Era venuta
con un’altra donna. Si avvicinarono ed avevano una pizza fatta
con il pane. Quelli sono bambini ed avranno fame, pensavano. Ma
io neanche dopo otto giorni ho potuto mangiare. Quel ragazzo
invece ha preso la pizza e l’ ha mangiata. Mia nonna quel
ragazzo non l’ha potuto portare. Era ferito peggio di me. Quando
mia nonna mi prendeva sotto le gambe io strillavo, se mi
prendeva sotto le braccia lo stesso.
Mia nonna diceva: “Come faccio a portarti,
figuriamoci Flavio”. Poi mi prese per una spalla, dove avevo
meno dolore e mi caricò su di sé. Quel ragazzo è rimasto lì,
nonl ’hanno potuto portare.
Mi hanno portato in una masseria dove c’era tanta
gente di Pietransieri, che si era salvata.
Quando mi videro ero un vaso di sangue. I panni mi si
erano attaccati addosso, ero senza scarpe… Non sapevano dove
mettere le mani. Dicevano: “E ora come facciamo?” Non mi
potevano toccare perché i panni mi si erano attaccati addosso;
dopo quei giorni il sangue si era assutto addosso. Così
prepararono un caldaio d’ acqua, lo misero in una bagnarola e
mi calarono lì dentro per un bel po’. Poi una donna di
Pietransieri, che ora è morta, cominciò con una forbice a
tagliare piano piano i vestiti. Quando mi tolsero tutto e videro
tutti quei buchi, tutte quelle ferite, strillarono loro per me.
Io ho cinque buchi, al braccio, al petto e alle
gambe. Alla fine mi lavarono tutta e con qualcosa di lino mi
disinfettarono i buchi. Dopo mi avvolsero dentro un lenzuolo,
senza mettermi niente addosso e mi sistemarono in quella
masseria. Acqua e sale mi hanno guarito…
Le donne che mi avevano curato andarono il giorno
dopo a prendere Flavio, per salvare quell’altra anima di Dio.
Così dicevano le donne di allora. Ma non era andato nessuno a
prenderlo. Aveva camminato molto perché lo ritrovarono in
un’altra masseria. Morto.
Dopo, da Pietransieri io, mia nonna e quella
vecchietta andammo a S. Demetrio, dove siamo rimasti fino alla
fine della guerra… »
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