Gabriele  d'Andrea

Martirio e Risurrezione

frammenti di Storia del Presepe Vivente di Rivisondoli

In sottofondo è possibile ascoltare le note melodiose del brano

Dormi dormi - fermarono i cieli  (Mauro Gioielli, Ivana Rufo)

del gruppo musicale Il Tratturo.

" Il nostro Presepe è vivente non solo perché i personaggi sono reali, ma perché lo spirito che lo anima è vivo ed eterno, come viva ed eterna è la fede che lo pervade."

Con queste parole don Antonio Pintori concludeva il breve capitolo introduttivo della pubblicazione "Profilo Storico del Presepe vivente di Rivisondoli", con la quale, nel 1973, si cercò per la prima volta di riordinare organicamente parte della documentazione raccolta nei primi venti anni della Sacra Rappresentazione.

 L'articolo che presentiamo, apparso a firma di Gabriele d'Andrea sempre "nell'incipit" del volumetto summenzionato,  oltre ai caratteri prettamente religiosi e spirituali  appena enunciati, descrive magistralmente le motivazioni storiche, sociali e di tradizione culturale che poggiano saldamente le proprie radici su antiche e significative espressioni di una civiltà esclusiva delle nostre Genti, e caratterizzante il nostro Paese.

  Come nacque il più bel presepe del mondo...

Dal 1951 la suggestiva Sacra Rappresentazione ha richiamato

sul « Piano delle cinque miglia » centinaia di migliaia di turisti da tutte le parti del mondo.

La pedana di lancio fu il « Primo Ferragosto Rivisondolese » organizzato dal giovane Parroco Don Antonio Pintori.

Quella domenica del mese di novembre del 1950, 1'Arciprete di Rivisondoli, Don Antonio Pintori, tenne la solita predica in chiesa. Prima spiegò il Vangelo e poi, quasi cercasse qualcuno tra la folla, disse: « Quest'anno bisogna proprio farlo, il presepe vivente. Ma, per essere completo, occorre che anche il bambino sia vivente e vero. Forse, potremmo scegliere quello di Caterina, che dovrebbe venire alla luce giusto fra giorni ».

Qualche mese prima, in una serata di fine stagione, i maggiorenti del paese avevano discusso sullo sviluppo ché bisognava dare al turismo locale. Il primo « Ferragosto Rivisondolese » fu organizzato dal Parroco Don Antonio Pintori, nell'estate del 1950.

Tra le varie manifestazioni, ci fu anche l'inaugurazione dell'Organo a cui prese parte la cantante soprano Donna Maria Caniglia, illustre concittadina di Rivisondoli.

Questo Ferragosto fu definito, dal Sindaco della ricostruzione Dr.Andrea Romito « la pedana di lancio della rinascita dei paesi dell'Alto Sangro ».

Si era parlato del deficit ereditato dal « Primo Ferragosto Rivisondolese » e si era tornati come sempre sullo scottante argomento della concorrenza degli altri paesi vicini.

« Ci vuole una idea », chiesero al loro compaesano Renato Caniglia, giornalista di vecchia data e profondamente innamorato della sua montagna. « Ma cosa volete cavar fuori da questo paese che sembra un presepe? », rispose qualcuno.

All'esperto giornalista non sfuggì la battuta. Nel suo pensiero era già apparso il primo Presepe vivente di Rivisondoli.

Egli corse a Roma ed espose il progetto all'allora Commissario Nazionale per il Turismo il quale promise il suo interessamento e, quel che più contava, la sovvenzione di un paio di milioni.

- Estate 1950 - Il soprano Maria CANIGLIA partecipa alla inaugurazione del nuovo organo della Chiesa Madre di San Nicola.

Le canne armoniche risaltano lucenti alle spalle della cantante lirica.

 In un secondo momento il Commissario al Turismo si fece più prudente. Disse che queste cose non si potevano improvvisare, che un paesino come Rivisondoli non offriva sufficienti garanzie finanziarie e concluse diplomaticamente: « Fate l'esperimento e se va bene, 1'anno prossimo, vi prometto, lo metteremo in calendario nazionale ».

Renato Caniglia non disarmò. Si ricordò che lo stemma del suo paese mostra due bimbi addormentati sulla riva di un fiume [«riva del sonno», da cui Rivisondoli] e scrisse una lettera amara ai suoi paesani: diceva che non si poteva avere fiducia in un paese di addormentati. La lettera ebbe l'effetto di una scarica elettrica sugli uomini di Rivisondoli: Il Sindaco radunò immediatamente i capi famiglia per sapere cosa ne pensassero. All'unanimità gli fu risposto che il Presepe doveva farsi ad ogni costo e che loro stessi, i Rivisondolesi, ne sarebbero stati i finanziatori. Costituirono subito tre gruppi promotori che visitarono tutte le famiglie per raccogliere offerte e pareri. La somma risultò assai striminzita, ogni quota non avendo superato le 200 lire! Si rivolsero allora agli Enti Provinciali. L'Aquila, da cui dipende il Comune, preoccupata soprattutto di valorizzare il Gran Sasso, offrì 50.000 lire, Pescara, invece, elargì 60.000 lire, accompagnate da ricchi doni. I paesani presero coraggio.

Questa gente d'Abruzzo ha scritto pagine meravigliose con la sua montanara tenacia, ed é suo costume secolare operare in solitudine.

Dove prendere gli attori? ci si chiese. Risposero i capi-famiglia: «Noi vogliamo essere protagonisti e non spettatori, noi e non i villeggianti dobbiamo essere gli attori ».

Per giorni e giorni le stanze del Municipio si affollarono di gente di ogni età e di ogni mestiere. Chi portava un costume, chi un vecchio figurino, chi un personaggio dell'antico presepe abruzzese di San Bernardino che si custodisce in una chiesa dell'Aquila.

Ma soprattutto i pastori recavano calzari e tante pelli di ogni grandezza e una abbondanza di greggi e bestie da esaminare.

Le donne, per partecipare anch'esse al Presepe, andarono a Scanno e a Pescocostanzo a prendervi in affitto quei costumi ricchissimi; la sola stoffa di una gonna pieghettata misura ben 21 metri di lunghezza. E poiché non tutte potevano disporre di denaro, molte invitarono le proprietarie dei costumi a casa perché, in cambio della ospitalità, le aiutassero nelle complicate acconciature.

Ma Rivisondoli non diede soltanto denaro e attori al Presepe vivente: ci mise lo scenario più suggestivo che si possa immaginare.

 Si scelse una comune scala ripida; di quelle scale di paese dove ogni scalino é un sospiro, una fatica. I bambini di Rivisondoli impararono, in quei giorni, a scenderla con il cuore in gola, mentre le donne, da lontano, li guardavano tutt'occhi.

In questa rara immagine appaiono le tre ragazze che nella prima edizione del 1951 impersonarono gli angeli della Capanna. L'importanza iconografica della foto è costituita dalla visione di dettaglio di alcuni elementi descritti in questi paragrafi.

Delle ragazze conosciamo solo il nome di Ernestina, Angelo sulla destra, alla quale va tutta la nostra riconoscenza per la documentazione ricevuta.

E' nostro desiderio poter indicare per nome anche gli altri personaggi.

 Aiutateci in questa nostra ricerca.

É la scala che porta alla stalla, dicevano. A tre quarti dalla scala, una fetta tagliuzzata del settecentesco Palazzo Mascio, un monumento nazionale semidistrutto, si inserisce sugli alti gradini che qui si restringono per poi riprendere in una cascata bruna di sassi. Tutta la facciata di questo Palazzo padronale é una bifora piena e massiccia di mattoni rossi. Solo in basso, piccola e modesta, si apriva l'entrata della stalla.

IL 6 GENNAIO 1951

Che quella fosse una giornata eccezionale per Rivisondoli lo esprimevano chiaramente le tinte accese del cielo che tagliava, slabbrando un po' ai margini le montagne di calce.

Dall'unico campanile della chiesa, sbarrata all'accesso dall'attrice Anna Brandimarte, che curava la messinscena, le campane sembravano impazzite; nelle case, su ogni letto, i costumi erano pronti.

« Non é vero - ripetevano i paesani - che noi sappiamo fare solo le scamorze. Adesso vi faremo vedere ».

E guardavano con trepida soddisfazione il primo regalo dell'Epifania giunto per loro dalla provincia:

Primo di una lunga serie di annulli postali emessi dalle Poste in occasione degli anniversari più significati del Presepe.

Dal nuovo campanile appena ricostruito, le poche campane presenti in quel lontano 1951 saturavano l'aria dei loro rintocchi.

La foto è originale del tempo, come testimoniato dalla mancanza dalle lancette dell'orologio, all'epoca non ancora installato.

 uno stampino che l'impiegato postale aveva cominciato a usare con sussiego e a imprimere sulle buste:

« Presepe vivente di Rivisondoli - 6 gennaio 1951 ».

In questa atmosfera euforica, gli armenti e i muli e i cavalli e i cani da pastori che dovevano prendere parte alla processione spaziavano beati per la piazza. Il suono dell'organo, trasmesso dagli altoparlanti, urtò pur troppo la suscettibilità dell'asino che all'ultimo momento, durante le prove, rifiutò di entrare nella stalla. E proprio sulla soglia del sacro luogo fu necessaria una scena diabolica di calci e di pugni e grida per spingerlo nella mangiatoia.

L'asino e il bue, questi miti quadrupedi, non vollero inginocchiarsi e tennero le terga rivolte all'entrata e l'occhio in cagnesco.

L'Arciprete con le mani, con gli occhi, con la bocca si raccomandava che tutto non avesse a risolversi in una gazzarra o ad isterilirsi in un mondano spettacolo teatrale, e la « regista » - così veniva chiamata l'attrice Brandimarte - aveva vietato per questo l'accensione di mortaretti durante la sfilata.

Il Presepe vivente ebbe finalmente inizio al vespro.

I bambini presero per mano i grandi, li invitarono nella piazzetta dinanzi alla stalla per ascoltare la favola millenaria dei pastori. Poi si distesero sul sagrato per sognare ad occhi aperti il presepe del loro paese.

Il popolo, intanto, sulle scale e alla porta delle case aveva gli occhi umidi. Per loro infatti il Bambino Gesù nasceva quel giorno alle 17,30 in una vecchia stalla del paese.

Pastori e Magi sulla scalinata che da piazzetta San Nicola porta alla Piazza, s'apprestano a varcare la soglia della stalla, realizzata tra i ruderi del settecentesco palazzo Mascio - 6 Gennaio 1951 -

Dalla sommità della gradinata scese, per primo, con dignità pretoriana, un centurione romano alla testa dei luccicanti soldati: egli faceva strada ai tre sapienti: Baldassarre, egiziano, con uno stuolo di schiave e di servi; l'africano Melchiorre, accompagnato da un gruppo di negretti e Gaspare, il greco.

I tre re Magi, circondati da palafrenieri e da staffieri, scesero da cavallo recando fra le mani un cofanetto. Fu quindi la volta della gente d'Abruzzo: vasi, ceste ricolme di frutta e fascine di legna e sacchi di farina e, immobili sul capo, le pesanti anfore di rame.

I popolani avevano voluto portare doni veri e non vollero accettare il gioco della finzione scenica. Ecco, dalle montagne dell'Altipiano, avanzare ancora le greggi e i pastori sotto il giogo lieve di un agnello.

Tutti sostano lungo la gradinata e nella piazza. Il Presepe improvviso e vivo é dinanzi ai nostri occhi. Ed é come se una mano afferrasse il cuore e lo stringesse in una carezza fatta di commozione e di canto di zampogne. Certo, così lo ritrarrebbero il Bronzino il Vinci e il Lippi e, se fossero stati. presenti, così lo canterebbe Lorenzo Perosi.

IL CUORE DI RIVISONDOLI

Ad un tratto, dalle scalinate due bambine, Virginia Macerelli di 15 anni e Pia Cocco di 10, scendono tra la curiosità dei personaggi del Presepe. Non hanno doni, non indossano costumi. Sono venute a piedi da Pietransieri, le due superstiti dell'eccidio del 21 novembre 1943. Sono la cronaca nella poesia, l'urlo di uno sterminio nell'armonia della fiaba, il sapore della morte nella celebrazione della Nascita.

Pietransieri é una frazione di Roccaraso ad 8 chilometri da Rivisondoli, sulla pittoresca vallata del Sangro. La sua storia supera, per efferatezza, quella di Marzabotto, di Esperia, di Pianoro e di tanti altri oscuri villaggi italiani portati dalla guerra ad una macabra notorietà.

Un brutto giorno, Pietransieri venne a trovarsi sulla linea Gustav: dalla sua parte bivaccavano i tedeschi, dall'altra, dirimpetto, gli inglesi.  Quando fu ordinato lo sfollamento, gli uomini si dettero alla macchia, mentre i vecchi, le donne, i bambini rimasero quasi aggrappati alle pietre delle loro case, perché volevano davvero bene al piccolo paese dove erano nati.

Un mattino i tedeschi li radunarono presso una vecchia quercia, vi sistemarono tutto intorno le mitragliatrici e fecero brillare le mine. Poi finirono i feriti a colpi di pistola. Centocinquanta furono le donne e bambini uccisi. Gli uomini da un bosco vicino avevano assistito impotenti alla carneficina. Queste due bambine si salvarono: Virginia cadde, protetta dal ventre squarciato di sua madre; la piccola Pia vide, poco lontano, ardere viva la mamma in una masseria che era stata fatta saltare. Quando il fronte si spostò a nord, gli uomini tornarono in paese, nel loro villaggio deserto,e solo allora riuscirono a sapere con precisione se erano divenuti vedovi, orfani o privi di figli. Carmine Macerelli ebbe uccisi sua moglie e cinque figli; Domenico Tristani la madre, la moglie e sette figli; Costantino Jarussi, quando tornò dalla prigionia, trovò nove fosse nel piccolo camposanto di Pietransieri; morirono non meno di quattro o cinque persone per famiglia.

In quel lontano 1951 la piccola frazione di Pietransieri stava rinascendo. I suoi 500 abitanti si erano messi a ricostruirla, a cominciare dal registro anagrafico delle nascite. L'anno prima, Don Eriberto, l'arciprete che « faceva tutto, eccetto la levatrice »: da sindaco e da spazzino, da curato e da sagrestano, aveva tenuto 23 battesimi.

Pietransieri fu inserito nella fiaba del Presepe vivente senza retorica, per un motivo assai semplice: « I doni del Bambino Gesù a chi li diamo? » si erano chiesti quelli di Rivisondoli. E i pastori avevano risposto: « Agli orfani di Pietransieri. É una parte del nostro cuore che va sulla montagna di Pietransieri ».

Cosi il giorno dopo tutta Rivisondoli, con a capo il Parroco e il Sindaco, in una processione di slitte, di buoi, di cavalli e di jeep, si mise dietro un grosso cartello che diceva:

IL CUORE DI RIVISONDOLI AGLI ORFANI DI PIETRANSIERI

Intanto, nella piazza del Presepe, le due bambine si erano guardate attorno, quasi impaurite, fra tanti costumi e personaggi.

Ma un angelo si fece loro incontro, le prese per mano e le condusse, prime fra tutti, nella stalla.

La gente piegò le ginocchia sulle pietre bagnate dalla neve. La piazza, le strade, le case del paese tenute fino allora in un oscuramento da guerra, si illuminarono d'improvviso e dalle montagne vicine, fino al Monte Calvario quasi a pozzo sul presepe.

I pastori dai rifugi accesero i primi falò e le prime cataste di legna.

In una fiammata giallo-oro inviavano anch'essi il loro saluto alla grotta di Rivisondoli e alle bambine di Pietransieri.

In quell'istante tutto fu dimenticato: anche il disappunto che aveva preso la gente di Rivisondoli quando seppe che la Madonna era forestiera, perché nessuna donna del paese era stata disposta a spendere 50.000 lire per il costume della Madre di Dio. Nessuno pensava più che l'austero centurione romano altri non era che il banditore del paese; che Baldassarre faceva il ciabattino e Melchiorre il Segretario comunale e Gaspare il maestro elementare; che San Giuseppe faceva il caciottaro e la Madonna era una villeggiante con la tintarella invernale. Nessuno badava che gli angeli avevano sotto la tunica candida i pantaloni da sci, e che la stalla aveva le stufe e i vetri per riscaldarla.

Ormai, i bambini di Rivisondoli non sognano più gli angeli con le ali d'argento e la tromba di vetro, ma avranno sempre negli occhi, ogni anno, la visione di questo Presepe vivente.


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La ricerca continua di documentazione su quella che, a buona ragione, è considerata la manifestazione che ha cateterizzato indelebilmente la storia della nostra comunità paesana, ci ha permesso di scovare presso l'Archivio Storico Luce il filmato della Settima Incom n. 00541.

Il 12 Gennaio 1951 apparve nelle sale cinematografiche italiane il servizio che vi proponiamo con una certa emozione, non solo sull'impulso della valenza storica, ma soprattutto dell'emozione nel rivivere, condividendo con tutti voi, le emozioni che provammo bambini nel partecipare direttamente ad una parte degli avvenimenti narrati.  Buona visione.

 

- Cliccare sull'immagine a lato per avviare le riproduzione del filmato -

 

  


I rivisondolesi sono attori nati. 

Con queste parole Renato CANIGLIA  caratterizzava la partecipazione corale dei nostri compaesani alla prima edizione del PRESEPE vivente.

Per mantenere vivo il ricordo di quanti parteciparono entusiasticamente non solo all'edizione del 1951, ma a numerose altre successive, e per catalizzare l'attenzione delle nuove generazioni su questa manifestazione caratterizzante la nostra identità paesana, non potevamo non dedicare una pagina web a questo cast d'eccezione.

Proveremo così l'emozione di rivedere molti di noi sull'orizzonte della memoria, pervasi di un ingenuo entusiasmo giovanile, ma sincero nel rafforzare le comuni radici antropologiche degli abitanti degli Altipiani Maggiori d'Abruzzo.

In questa pagina anticipiamo l'interprete di uno dei personaggi più caratteristici, ripetutamente menzionato nei paragrafi precedenti:

 il centurione romano

Il primo interprete fu l'indimenticabile Ippolito MARTINI, dalla figura imponente ed autoritaria, che in paese svolgeva l'incarico di banditore.

Nella foto sopra lo vediamo ripreso sulla destra dell'immagine, con i suoi onnipresenti occhiali scuri ed i capo l'immancabile berretto dalla foggia militare.

E la sua bonomia ed affabilità erano pari alla sua mole, quando noi ragazzini lo accompagnavamo, corteo vociante e ridanciano, nel suo percorso paesano, pronti però a zittirci al primo suono della sua cornetta che anticipava la stentoreo: Si comunica alla popolazione che .....

Altro interprete carismatico fu Giovanni del GIUDICE in arte "ru caciare", orgoglioso del suo titolo di COMMENDATORE. Successivamente, in fasi alterne, il ruolo venne ricoperto da Simone BUONO, nella vita efficientissimo mugnaio.

Tutti questi protagonisti ritroveremo assieme a molti altri, con i costumi di scena, nella pagina loro dedicata.

Riconoscibili nella fotografia sopra riportata, procedendo da sinistra, il medico condotto dottor Michelangelo d'Attilio, e due giovani don Ugo di DONATO e don Antonio PINTORI.


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i Racconti  


Collaboratori d'edizione:  Ernestina I. , don Eustachio S. , zia Emilia G.  ( Rivisondoli );  Raffaella S.  ( Milano );   Chiara G.  ( Roma ).