... l'Emigrazione |
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La storia dell'emigrazione rivisondolese è intimamente commessa con quella ben più ampia dell'emigrazione delle popolazioni dell'Italia Meridionale. Per secoli, tutta la penisola italiana fu divisa in stati feudali, e spesso le potenze straniere ne avevano il controllo, anche diffuso, grazie alle relazioni di parentela tra i vari regnanti. In tale situazione frammentaria il sistema economico veniva regolato dal sistema feudale, specie nel Regno delle Due Sicilie, il che permetteva che la proprietà terriera, tradizionalmente ereditaria, determinasse il potere politico e quindi lo status sociale di ogni individuo. In questo modo, le classi povere non ebbero praticamente alcuna possibilità di migliorare la propria condizione. Nel 1860 il Regno delle Due Sicilie fu annesso alle restanti regioni italiane, con la conseguente depressione economica causata dalle politiche "colonizzatrici" di una certa classe politica sabauda, fautrice non certo disinteressata dell'Italia "unita". Si aggiungano poi alcune calamità naturali quali le eruzioni del Vesuvio e dell'Etna ed il terremoto del 1908 che causò oltre 100.000 vittime nella sola città di di Messina. Per molti Meridionali l'unica via di sopravvivenza fu allora l'emigrazione. Il periodo interessato dal fenomeno va dal 1870 al 1914 circa, ove la prevalenza del flusso migratorio si ebbe proprio dalle regioni meridionali. |
Anche a Rivisondoli l'emigrazione ha avuto come punto d'origine la povertà sempre più diffusa, e la voglia di riscatto di una non trascurabile fascia della popolazione, insediata in un contesto socioeconomico sopraffatto progressivamente dalla crescente pressione demografica. L'evoluzione della popolazione censita passa infatti dalle 1.813 unità dell'anno 1861, con un picco di 2.301nell'anno 1911, per tornare ai 1.855 abitanti nell'anno 1921. Sul finire del 1800 Rivisondoli non godeva di una florida economia, vuoi per la crisi endemica della scarsa agricoltura di montagna, che per la crisi sempre più accentuata della pastorizia. La risistemazione della statale 17 e la costruzione della ferrovia Sulmona-Isernia ebbero soltanto delle ricadute marginali e limitate nel tempo presso le classi meno agiate del nostro paese. Il sostentamento principale per la maggioranza dei Rivisondolesi restava quindi l'agricoltura, esercitata con fatica ed il duro lavoro delle braccia e degli animali. Solo dagli scarsi terreni pianeggianti si ricavava poco più del mero sostentamento famigliare, ed i pochi proprietari terrieri vivevano di rendita, poco più che parassitaria. Da questo poco consolante quadro socio-economico di determinò per buona parte della popolazione, già a partire dal 1870, la necessità di cercare nell'emigrazione la possibilità di sopravvivenza e di riscatto della propria condizione sociale. Gli alti salari offerti al mercato nordamericano, la maggiore facilità e rapidità di guadagni consentita dall'industria negli Stati Uniti, concorsero ad indirizzare il flusso dell'emigrazione dall'Italia, che Rivisondoli ed i paesi viciniori ricalcarono in pieno. Essa ebbe come destinazione prevalente il Nordamerica, e si caratterizzò sin da subito come un'emigrazione di lungo periodo, priva di progetti concreti di ritorno in Patria. Una consistente corrente migratoria si avviò verso gli stati del Sud America, Venezuela ed Argentina in testa, ove specie nella prima si ebbe una consistente colonia Rivisondolese, tutt'oggi ancora presente. L'emigrazione verso i paesi europei ebbe come destinazione soprattutto quelle nazioni in sviluppo come Francia, Svizzera, Belgio e Germania e veniva considerata, almeno nelle intenzioni iniziali, come un'emigrazione limitata nel tempo, per poter lavorare e guadagnare per realizzare un futuro migliore in Italia. Propositi questi che non si realizzarono appieno, e molti degli emigranti rivisondolesi sono rimasti nei paesi di emigrazione. Questa sezione del portale consentirà al navigatore di accedere direttamente alle sottosezioni specifiche per ciascuna delle destinazioni prevalenti e più significative dell'emigrazione rivisondolese, ove mostreremo in maniera organica notizie, documenti, storie, curiosità ed immagini di elevato valore di caratterizzazione ed identità paesana. Nei box che seguiranno in questa pagina, che possiamo definire "copertina di contenimento", cercheremo di fornire sinteticamente un quadro il più completo possibile del fenomeno migratorio nazionale, in tutti i suoi aspetti culturali, sociali ed emozionali. |
L'emigrazione è un capitolo doloroso della storia nazionale, e particolarmente sentito nella nostra regione. Un fenomeno che ha disgregato interi gruppi familiari, e che sotto il profilo umano ha costituito un dramma sia per coloro che sono partiti che per chi è rimasto nei paesi d'origine. Non c'è famiglia del ceto popolare da cui non si distacchino una o più persone. Molti emigranti lasciarono a casa genitori, mogli e bambini, perché determinati a ritornare, ed in parecchi riuscirono nell'intento. In effetti l'emigrazione rappresentò il riscatto dello stile di vita italiano, laddove quanto si riusciva a risparmiare del guadagno non certo facile, ma sicuramente superiore a quanto ottenibile in patria, veniva spedito a casa per contribuire al mantenimento della struttura tradizionale. Piuttosto che una sistemazione permanente, si era alla ricerca della possibilità di lavorare per un salario (relativamente) alto, così da risparmiare, tra stenti e privazioni, abbastanza da poter tornare in Italia e permettere al nucleo famigliare di condurre una vita migliore. La foto a lato, ripresa da Frank Monaco in uno dei nostri paesini, rappresenta mirabilmente lo stato d'animo conseguente all'imminente distacco per la partenza del giovane verso lidi lontani. Egli viene circondato dalle donne, nei tradizionali abiti scuri, quasi a protezione materna, che enfatizza l'abbraccio ideale del commiato da un lato, e dall'altro di difesa verso l'ignoto rappresentato dal baule e dal valigione in prespan in primo piano, con i classici legacci di spago. |
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Sul finire del XIX secolo si avviò in Italia la “grande emigrazione”, che tra i suoi centri principali annoverò il porto di Napoli che con Palermo e Genova segnarono la rotta dei bastimenti, essenzialmente francesi, inglesi e tedeschi diretti oltre Atlantico. |
La foto sulla sinistra ritrae appunto un folto gruppo di emigranti, uomini donne e bambini, che sotto il peso delle proprie mercanzie si accinge a salire sul treno che li porterà verso Napoli. |
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Siamo nei primi anni del Novecento, quando il fenomeno migratorio assunse l'aspetto di un vero e proprio fenomeno di massa, coinvolgendo sempre più spesso interi nuclei familiari, inseriti in flussi periodici determinati dal meccanismo noto quale "chiamata", che poteva giungere non solo da parenti ma anche da amici se non semplicemente da compaesani. |
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Non è semplice al giorno d'oggi individuare e descrivere nella sua completezza lo stato d'animo di persone, le quali non si erano mai allontanate di fatto dal proprio paese, e che sotto la spinta della necessità di sopravvivenza si determinarono a solcare l'oceano per raggiungere la terra che nelle loro aspettative rappresentava il riscatto della propria grama esistenza. |
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Eppure il fenomeno migratorio diventò di massa, assumendo annualmente entità sempre più consistente. Infatti si passò da una media annua di 123.000 unità nel quinquennio dal 1869 al 1875, cifra già ragguardevole per il periodo, a quella record di 269.000 unità (negli anni dal 1887 a fine secolo), dirette essenzialmente oltre oceano causa l'incremento notevole dell'offerta di lavoro del mercato americano. |
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Nei primo ventennio del XX secolo spetterà all'Abruzzo il primato degli espatri rapportato alla popolazione residente, con un tasso di 33,7 emigranti ogni mille abitanti. Il principale mezzo di trasporto era costituito dal treno, che trasferiva questa massa di diseredati sino al porto di Napoli, principale punto d'imbarco per l'emigrazione oltre oceano. |
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Desideriamo sottolineare alcuni passi, tratti dal filmato della Arcoiris Tv, linkabile in questa pagina, che a ns. avviso sono più significativi nell’evidenziare oltre lo stato d’animo, anche le motivazioni che hanno spinto numerosissimi nostri connazionali a lasciare i propri paesi, dai quali non si erano mai allontanati oltre il colpo d’occhio del proprio campanile, sopportando stoicamente difficoltà e soprusi di ogni genere: |
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“… la miseria ricevuta dai padri, che l’avevano ereditata dai nonni, e contro la quale il lavoro onesto non è mai servito proprio a niente … |
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… le ingiustizie più crudeli erano così antiche d’aver acquistato la medesima naturalezza della pioggia, del vento e della neve … |
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… la vita degli uomini, delle bestie, della terra sembravano così racchiuse in un cerchio immobile saldato dalla chiusa morsa delle montagne e dalle vicende del tempo. |
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Per dirla come Cesare Pavese – il Mondo venne a stanarli dalle proprie case con la fame – |
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… dalle lusinghe e false promesse dei numerosi agenti dell’emigrazione, talvolta persone senza scrupoli che approfittavano della disperazione e dell’ignoranza delle |
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persone per compiere truffe a loro danno, (Nitti) e tra costoro pare si nascondano i maggiori sfruttatori dell’emigrazione, che vendono in precedenza il lavoro degli emigranti che ingannano su tutto – l’emigrante è la bestia da tosare e già prima di partire è stato derubato dei pochi risparmi che gli dovevano servire nel nuovo mondo a superare le prime difficoltà … “ |
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Completiamo questa breve disanima sulle condizioni di viaggio degli emigranti italiani, inserendo una sequenza di immagini reperibili in rete. Per chi intendesse approfondire l'argomento "Emigrazione" a livello nazionale, segnaliamo i seguenti siti che a nostro parere affrontano efficacemente tutti i temi correlati con questo fenomeno sociale, che ha caratterizzato la storia anche del nostro piccolo paese. |
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Desideriamo sottolineare che i siti sopra evidenziati hanno costituito (dopo un meticoloso lavoro di ricerca e di sintesi) la fonte principale tra quelle che ci hanno permesso di impreziosire diverse pagine del nostro portale con l'elaborazione dei testi, completati da immagini e suoni. |
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COPYRIGHT. Le foto pubblicate in questa pagina sono protette a norma di legge; necessaria specifica autorizzazione scritta dei proprietari per qualsivoglia utilizzo al di fuori del sito rivisondoliantiqua.it. |
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Immagini e testi estrapolati dal Museo dell'Emigrazione di Cansano, su autorizzazione della gent.ma dr.ssa Giovanna RUSCITTI. | |
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Desideriamo proporre ai visitatori alcune tra le immagini presenti nel Museo dell'Emigrazione a Cansano, quale testimonianza della validità iconografica delle diverse sezioni di cui si compone l'esposizione. Scegliamo quale apertura della sequenza quella che identifica il DVD prodotto in occasione dell'inaugurazione del Museo, nel gennaio 2004, sottolineando in tal modo all'Autore il nostro plauso, e la riconoscenza per la pregevole opera prodotta. L'Autore, tra l'altro docente presso l'Istituto Universitario Orientale di Napoli dove ha insegnato "Storia dell'emigrazione italiana in America", per la compilazione del DVD ha utilizzato parte delle ricerche effettuate per la pubblicazione del volume dal medesimo titolo, e che è stato inserito nella Biblioteca del Congresso Americano. La pregevolezza dell'opera ha tra l'altro fornito la base scientifica ed i materiali per la mostra ed il convegno di studi "Ellis Island: italiani d'America" organizzati dal Comune di Roma presso la "Casa della Memoria e della Storia". |
Proseguiamo la presentazione con questa celebre immagine, emblema della "grande emigrazione" e che negli U.S.A. è considerata uno dei documenti sulla nascita della nazione americana. |
Sulla destra presentiamo una delle più note immagini fotografiche dell'emigrazione: la foto di Maria Sciccolone (1905 - Ellis Island), una donna appena sbarcata su un lontano molo al di là dell'Oceano con un vestito di foggia contadina sgualcito dal lungo viaggio, con il viso bruciato dal sole e con un fazzoletto intorno alla testa. La donna ha in braccio un bambino di pochi mesi e al suo fianco c'è un altro figlio, gravato dal peso di un informe fagotto, che tiene per mano una sorellina ancora mal ferma sulle gambe. Tutti hanno lo sguardo fisso sull'obbiettivo che li ritrae con l'espressione attonita e sperduta di chi si trova in un luogo sconosciuto ed ostile. Gli elementi caratterizzanti dell'immagine sono quattro: il primo è il luogo dove è stata scattata la foto, nel caso New York; il secondo è il soggetto, una contadina meridionale; il terzo è il suo volto, precocemente invecchiato da una vita dura che fa risaltare la sua appartenenza ai ceti più umili della popolazione; la presenza dei suoi figli in quarto luogo, richiama subito il carattere di esodo familiare assunto dalla partenza, rimandando così al dolore di un allontanamento definitivo dall'Italia. Noi sottolineiamo la determinazione che traspare comunque dall'espressione di Maria, decisa ha dare con questo viaggio una svolta alla propria esistenza ed un futuro migliore ai propri figli. Di questi il più piccolo trova naturale conforto ancora tra le braccia della mamma, mentre la più grandicella si accosta timorosa al fratello maggiore, protettivo nel prenderla per mano, ancora adolescente, ma già immedesimato nel ruolo si sostegno, non solo fisico, ai propri familiari. Identica volitiva determinazione leggiamo nello sguardo deciso della emigrante che presentiamo nell'immagine d'apertura di questa pagina, anche lei attorniata dai figli, e confortata dalla presenza del marito lui gravato, non solo metaforicamente dal peso della famiglia. Fondamentale e tutt'altro che marginale è stato anche nel fenomeno dell'emigrazione il ruolo svolto in silenziosa umiltà dalla donna, spesso nelle situazioni più impegnative e meno appariscenti. |
Quella che presentiamo nella prossima immagine rappresenta la situazione abitativa che per molti nostri connazionali costituì la prima possibilità al loro arrivo nel "Nuovo Mondo". Misere baracche costruite alla meglio con materiali di risulta, all'interno dei grandi cortili dei casermoni tipici della edilizia |
popolare statunitense d'inizio ventesimo secolo. Desideriamo lasciare ai visitatori del sito la serenità di ascoltare le vibrazioni dello spirito suscitate dalla visione della foto. Limitiamo le nostre considerazioni alla austera dignità della donna con il bambino in braccio, comunque elegante nella semplicità dell'abbigliamento, tipico ai ceti più umili della popolazione italiana delle campagne. Noi attiriamo l'attenzione al fazzoletto sul capo, ripiegato nella foggia caratteristica anche a Rivisondoli.
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La foto sulla destra, ripresa a New York nel 1911, ci mostra tre emigranti italiane, quella in primo piano con una grande gerla sotto il braccio, mente l'altra in secondo piano letteralmente sommersa dalle coperte che trasporta. |
La foto sulla sinistra, anch'essa dovuta alla cortesia del Museo dell'Emigrazione di Cansano, vuole essere il nostro tributo alla Donna, rimasta spesso nell'ombra e senza il dovuto riconoscimento dei sacrifici, dell'impegno e dell'energia con i quali ha sempre accompagnato l'Emigrante nel suo impegnativo percorso. Il tutto sempre ingentilito dalla dolcezza, dal sorriso e dall'amore che ha sempre accompagnato alla sua presenza, e che sempre ha saputo suscitare in coloro che la affiancavano. Si tratta certamente di una ragazza, con l'abbigliamento tipico delle donne della nostra terra, ove la particolarità della circostanza è esaltata dal pizzo che impreziosisce il risvolto della candida camicia, che lascia vezzosamente intravedere la sottoveste. Il fazzoletto sul capo è acconciato analogamente a quanto indossato dalla mamma con in braccio il bambino, presente nella foto sopra, anch'essa pervasa da analoga tenerezza. Ed in questa immagine risalta la timida dolcezza dello sguardo che esalta l'età del personaggio, che si affaccia con speranza al Nuovo Mondo, la cui origine contadina è evidenziata anche dal colorito del volto non ancora bruciato dalla fatico sotto il sole. Ben diversa l'espressione di energica volontà di riscatto che leggiamo sul volto della emigrante nell'immagine d'apertura di questa pagina, o su quello di Maria Sciccolone due foto più in alto. E numerosi sono i volti delle donne incorniciati dal fazzoletto che avvolge il capo, che appaiono nella foto che segue, confuse nella massa di emigranti che affollano il ponte del piroscafo Patricia, nel dicembre 1906 in navigazione verso New York. Ed è sufficiente lo svolazzare di una sottana per rendere più lieve il momento vissuto. E' quanto traspare dalla foto successiva, ove si ha quasi la sensazione di trovarsi in una delle balere di campagna, in un pomeriggio domenicale. Le scialuppe di salvataggio sullo sfondo, e la struttura metallica in primo piano ci riportano alla realtà : il viaggio verso il sogno tanto mitizzato della lontana "Merica". |
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Ed è sempre LEI con la sua presenza che addolcisce la tristezza del momento, distogliendo la mente degli emigranti dai pensieri che l'affollavano accavallandosi l'un l'altro, Scorrendo con attenzione l'immagine, si scorgono infatti sia gli uomini attratti dal ballo della coppia degli "ardimentosi", che sulla sinistra un ragazzo intento nell'approccio con una sua giovane coetanea. Purtroppo la DONNA ha subito maggiore angheria rispetto agli uomini anche al momento della visita medica cui venivano sottoposti tutti gli emigranti per ottenere il permesso d'accesso. E se non giudicati sani o non si superavano i test intellettivi si veniva rimpatriati all'istante. Provate allora ad immaginare lo stato d'animo delle ragazze o di queste giovani donne, vissute sino ad allora nel mondo arcaico delle nostre campagne, nella società di fine ottocento, costrette a spogliarsi di fronte ad occhi estranei e scrutate anche nell'intimo. A dire il vero le autorità Statunitensi cercarono di alleviare i disagi, facendo presenziare alle visite donne della medesima nazionalità, che masticavano anche un po' d'inglese, ma il sogno della "Terra Promessa" tanto agognata si materializzava in tal modo in tutta la sua disumana crudezza,.... ed era, per tutti, solo l'inizio. |
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Concludiamo questa breve parentesi dedicata alla DONNA emigrante con lo sguardo della bambina dell'ultima foto. [ foto dalla rete ] In quegli occhioni sgranati pervasi da un misto di timore e di curiosità vogliamo vedere l'anelito del NUOVO, l'ansia del SOGNO che hanno sorretto le DONNE della nostra terra, tutte le nostre nonne nell'intraprendere quel salto nell'ignoto che permise loro, ed oggi a noi, di riscattare la dignità del vivere. |
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Sin dal 1894 le autorità statunitensi trasformarono l’isola di Ellis Island in un centro d’isolamento per il controllo dei flussi migratori che convergevano sulla costa occidentale degli U.S.A. e lì oltre 2 milioni di italiani tra uomini, donne, bambini, delimitati in strutture simili a gabbie venivano sottoposti a rigidissimi controlli. Il Museo dell’Emigrazione di Cansano raccoglie alcune immagini, tra le più significative e le più toccanti degli avvenimenti che segnarono l’anima dei nostri antenati. Ad anni di distanza furono proprio queste foto scovate ad Ellis Island che segnarono indelebilmente nel profondo Nino di Paolo, ispirandolo nella stesura del libro sull’emigrazione, e nella raccolta di tutto il materiale iconografico che costituisce il nucleo portante del Museo. |
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In questa panoramica della foce dell'Hudson nel 1932, risalta evidente in basso a sx. l'isola di Ellis Island, ed immediatamente alla sua dx. l'isolotto ove si staglia la mole della Statua della Libertà. New York occupa l'intero orizzonte, e lo sguardo viene magneticamente attratto dai grattacieli di Manhattan, incombente su Ellis Island. |
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” Succedeva sempre che ad un certo punto, qualcuno, alzava la testa e…….la vedeva. Voglio dire…..ci stavamo in più di mille su quella nave, tra ricconi in viaggio ed emigranti, e gente strana, e noi….Eppure c’era sempre uno, uno solo che per primo…. la vedeva. Magari era li che stava mangiando, semplicemente, sul ponte, magari era li che si stava aggiustando i pantaloni, alzava la testa verso il mare e….la vedeva. Allora s’inchiodava li dov’era, gli partiva il cuore a mille……si girava verso di noi e gridava, piano e lentamente: La MERICA! ”
Analoga esperienza hanno senz’altro vissuto le moltitudini di emigranti italiani che precedettero, o seguirono l’episodio narrato, nel raggiungere la tanto agognata “Merica”. Il sogno si infrangeva però bruscamente sulla sponda di Ellis Island, l'isola che tutti gli emigranti definirono, in un modo o nell'altro, “ l’Isola delle lacrime ”. |
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Collaboratori d'edizione: Giovanna R., Bruna di G. , Carmela & Pasquale di G. , ( Cansano ); Fabio C., Adriana & Chiara G., ( Roma ). |