... e frammenti di Storia degli       Altipiani Maggiori d'Abruzzo.

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Questa sezione del sito è stata ideata per seguire il percorso del quale si ha traccia  nota, e  che ripercorre il segno che gli Altipiani Maggiori d’Abruzzo hanno lasciato indelebile nella

 Storia.

E’ di questi giorni l’anniversario di un episodio della Storia recente, che ha segnato il ns. territorio :

l’Eccidio di Pietransieri, o La Strage di Limmari

 (21 Novembre 1943)

Desideriamo riproporre al ricordo delle nuove generazioni questo frammento di Memoria, perché abbiano netta la sensazione della inutilità della sopraffazione distruttrice e degli sterili egoismi di qualsiasi tipo, sordidamente contrapposti alla fruttuosa forza dell’aggregazione, del dialogo, della convivenza pacifica e proprio per questo laboriosa e generatrice luminosa di energie immortali.

In questo spirito vogliamo caratterizzare questo ns. sito.

Siamo profondamente grati ad Ugo, amico fraterno, il quale tornato a casa dalla cerimonia di commemorazione, commosso e turbato come tutti, ha ascoltato prorompente la voce del proprio cuore che di getto ha dettato la poesia che segue, e che segna il profondo dell’Anima. 

Ancora la neve

  Perchè dobbiamo lasciare le nostre case, si chiesero.

Il “diavolo verde” lo ha ordinato.

Ma chi è costui?

Rispose ancora gelida la bocca del mitra:

E’ la guerra! Andare via! E’ un ordine!

Scritto sui muri vetusti dal tempo, sugli alberi privi di foglie,

fuoriuscito dalla tromba del banditore,

urlato in una lingua incomprensibile: Raus!  Raus!  Raus!

 

Caricarono qualcosa sulle spalle flesse dalla pena e lasciarono il borgo natio.

Il sagrestano come mulo attaccato al carretto li guidava.

I bambini in fila come birilli, pronti per cadere;

le madri perse nell’oblio del tempo trascorso e grevi sul ventre i neonati;

i vecchi contorti sul bastone, le nonne nere ed austere.

Fremiti di paura ghiacciati sulla strada che non torna.

I padri smarriti nelle macchie, colpevoli di esistere.

La vecchia Barbara malata e bruciata.

 

Scesero nella Valle della Vita, ma la vita non era più lì.

Gli ultimi respiri, ansimanti dal dolore dentro le masserie umide e fredde.

Farina intrisa di lacrime, pane arso al fuoco crepitante nel fosco autunno.

La piena mormora idiomi sconosciuti raccolti sulle rive silenziose di odio.

 

Stivali conficcati nell’argilla; elmetti allacciati su teste impazzite;

cinturoni minati e legati nell’aquila di ferro; ferri rombanti pronti a colpire.

Raus!  Raus!  Raus!

Incomprensibili parole; terrore nel cuore; attaccamento alla terra.

Via!  Via!  Via!   No qui!

Crepitare di proiettili;

schegge stridenti, roventi, conficcate nelle carni e sbrandellate;

sangue scorrente gelato dagli urli.

Occhi stravolti e rivolti al Signore; mani legate nel vuoto;

anime innocenti salite verso il cielo cupo e nero di rabbia. Perchè?

Maledetto Shulze!

 

Il Signore pianse.

E le sue lacrime come per incanto, prima di toccare terra,

si trasformarono in tante stelle piccole e bianche.

Ancora la neve!

Una coltre pietosa stese il Signore.

Benedetto il Signore!

 

Ma c’è una bimba! E’ la vita.

Nella valle morta di vite è rimasta una vita.

Una giovane vita il Signore sottrasse alla morte: Virginia.

 

Oh! Vergine immacolata come quella neve,

veglia su di loro nella Valle della Vita.  Eterna.

 

 

                                                   Ugo Del Castello

                           (Pietransieri, 21 novembre 2007)

 

 

 

 

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